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Storia del Gianduiotto

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Se siete di Torino come noi, è molto probabile che conosciate già almeno una parte della storia del Gianduiotto, e sicuramente, conoscerete la maschera di Gianduia. Ma come si arrivò al nome, alla consistenza, e alla creazione di questo tipico cioccolatino?

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La nascita del Gianduiotto

Nell’Ottocento tutti amavano e volevano il cioccolato, ma a causa dei blocchi napoleonici, il cacao giungeva in piccole quantità dalle Americhe, rendendolo arrivabile solo da nobili e clero. A seguito delle guerre napoleoniche, infatti, la nuova Italia si trovava in condizioni economiche disastrose. Nel 1852 i pasticceri torinesi ed ebbero un’idea vincente: mescolare le nocciole delle Langhe tostate al Theobroma. Fu proprio così che nacque la pasta morbida e vellutata con la quale venivano creati i tipici cioccolatini a cui venne inizialmente dato il nome di “givu”. Questo fu il preambolo per la creazione dell’amato e famosissimo Gianduiotto, ufficialmente nato nel 1865. Furono i primi cioccolatini ad esser incartati singolarmente, e vennero distribuiti alle persone durante il famoso carnevale di Torino, dalla tradizionale maschera torinese, Gianduia. Fu proprio per questo motivo che il nome si mutò in “Gianduiotti”

Dubbi e contestazioni sulla nascita del Gianduiotto

A dirla tutta, l’idea per ottenere una massa più economica, composta non solo da cacao, comparve già cinquant’anni prima tra gli appunti di Antonio Bazzarini. La sua idea era arricchita dalla volontà di creare un gusto più particolare, che secondo lui fino a quel momento mancava nella preparazione del cioccolato. Nei suoi esperimenti introdusse la mandorla e non le nocciole come avvenne per il Gianduiotto, ma tale ricetta tende in ogni caso a mettere in dubbio l’unicità dell’idea avuta per la creazione del noto cioccolatino torinese…

Un’altra perplessità, sull’origine del Gianduiotto, è legata ad un dubbio storico esposto dal professor Gagliano: secondo i documenti storici, la prima ditta ad avere l’idea di mescolare le nocciole al cacao, fu la Prochet Gay & C., fabbricandola dal 1952 e mettendola in commercio nel 1865. Il dubbio sorge proprio su queste date: Michel Prochet nacque nel 1839, è quindi veritiero che un tredicenne abbia messo a punto la ricetta del gianduiotto? In ogni caso, quando nel 1878 Caffarel e Prochet si unirono in un’unica grande azienda, fu un vero e proprio successo, ed ottennero riconoscimenti importanti nelle Esposizioni Universali!

L’origine del nome

Ogni anno, a Torino, si festeggiava in piazza Vittorio il celebre ed amatissimo carnevale. Proprio in quell’occasione, nel 1865 (data ricorrente sulla classica stagnola dorata del cioccolatino!) la Caffarel scelse di distribuire gratuitamente generose quantità di dolci, per mano della maschera dell’eroe del Risorgimento conosciuto come Gian d’la duja, cioè «Giovanni del Boccale». Fino a quel momento quel particolare cioccolatino era conosciuto come “givo”, ma ai torinesi venne subito spontaneo associarlo alla maschera e ribattezzarlo con il celebre nome “Gianduiotto”.
La figura di Gianduia ebbe origine nei primissimi anni del 1800 nelle osterie del Monferrato, più precisamente a Castell’Alfero in frazione Callianetto, dove l’attore Giambattista Sales lo introdusse recitando vestito con una giubba marrone dai bordi rossi e un cappello a tricorno. A fine Ottocento, Gianduia era considerato non solo una maschera carnevalesca, ma un carattere di buon cuore che divenne un personaggio del Risorgimento italiano che impersonificava niente meno che la speranza d’Italia. Grazie a Gianduia nacque inoltre il teatro in piemontese, tutt’oggi presente nei teatri di alcuni paesi del Piemonte.

Segreti del Gianduiotto

Per essere definito Gianduiotto, il cioccolatino deve presentare caratteristiche ben precise: non deve pesare meno di 12 grammi, deve presentarsi con la tipica forma a barchetta, e il profumo di nocciole tostate dev’essere intenso.
Le materie prime utilizzate per la realizzazione del Gianduiotto devono essere di alta qualità: un terzo di nocciola “tonda gentile del Piemonte”, un terzo di cacao, un terzo di zucchero.

Come si creano i Gianduiotti?

Le tecniche utilizzate per la realizzazione dei Gianduiotti, sono tre:

IL GIANDUIOTTO CREATO A MANO
Questa tecnica richiede una grande abilità da parte dell’artigiano che realizza i Gianduiotti: la bravura sta nel prendere la giusta quantità di impasto, e posarlo con precisione. Gli strumenti utilizzati sono le “coltelle”, due spatoline con lama piatta e quadrata di diverse dimensioni.
In un’ora si riescono a produrre circa tre chili di Gianduiotti.

IL GIANDUIOTTO STAMPATO
La creazione dei Gianduiotti avviene, in questo caso, tramite l’utilizzo di stampi (originariamente di metallo, oggi sostituiti con materiali più innovativi come il silicone) nei quali viene versato il cioccolato. Gli stampi vengono poi assestati e battuti sul bancone, e vengono lasciati raffreddare in frigorifero.

IL GIANDUIOTTO ESTRUSO
Con il supporto di una macchina, la produzione dei Gianduiotti aumenta a dismisura: con la tecnica dell’estrusione, si possono produrre mille cioccolatini al minuto!
Questa tecnologia nasce nel 1907: la pasta Gianduia è colata (estrusa) sui tappetini della linea, e due coltelle meccaniche, chiudendosi dopo la colatura, creano la tipica forma a barchetta.

“Cioccolato da Ascoltare”

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Di Samuele De Marie

Chef di Cucina e Sommelier

Nato a Cagliari nel 1972, Samuele De Marie muove i primi passi in cucina nel ristorante dell’hotel di sua zia in Germania.

Durante gli anni della scuola alberghiera, arricchisce la sua esperienza professionale nei ristoranti della Val Chisone, fra cui lo storico ristorante “da Malan”.

Prossimo alla laurea, trascorre un periodo in Inghilterra, dove lavora al prestigioso Les Ambassadeurs Club nel quartiere londinese di Mayfair, un esclusivo e storico casinò club fondato in epoca vittoriana, da sempre frequentato da un’esclusiva membership internazionale composta da aristocratici e celebrità; al “Les A”, Samuele acquisisce competenze culinarie avanzate di cucina internazionale e una profonda attenzione al dettaglio.

Tornato in Italia, si specializza nell’apertura di nuovi locali e inizia a collaborare come Chef formatore presso IFSE World di Piobesi, una delle più prestigiose scuole di cucina italiane.

Nel 2010, assume il ruolo di Executive Chef presso la Locanda del Sant’Uffizio, rinomato relais di lusso e ristorante gourmet situato nel cuore delle colline del Monferrato, originariamente monastero del XVI secolo e successivamente trasformato in una struttura di grande fascino. L’esperienza alla “Locanda” segna un punto miliare nella sua carriera, infatti guidando una brigata di cucina, raggiunge nuovi livelli di eccellenza e creatività.

Dal 2012 collabora con Villa La Sorridente dove utilizza l’arte culinaria come strumento per rafforzare coesione e collaborazione all’interno dei team aziendali.